I RACCONTI DI MALIA
Parte Seconda
Mi chiusi alle spalle la porta della mia camera. Mi girai e feci un salto sul posto, la mia mano corse all’impugnatura della spada. Un’alta figura incappucciata sedeva accanto al giaciglio. Solo la vista delle cioce che portava alle gambe, tipiche della mia terra, mi trattenne dall’infilzarlo sul posto, su due piedi.
“Buona serata, Publio.”
“Ma che ti possano ammazzare, sarà il modo di presentarsi? A quest’ora, poi…”
Un ghigno da sotto il cappuccio mi irritò ancora di più.
“Uno Stregone si presenta come e quando crede, Messer Maestro.”
“Già, voialtri non coltivate l’esotica arte dell’educazione. Questo l’ho capito tempo fa. Cosa ti porta fin qui?”
“Non lo immagini? Ti ho spinto io a venire al torneo. E dovrei rinunciare ad assistere di persona a quel che ho messo in moto?”
Alzai le spalle.
“Fai un po’ come vuoi, ma non starmi fra i piedi. Io lavoro di lama, e quelli che mi stanno attorno è facile che si taglino. Voi Stregoni non sanguinate in modo diverso dalle altre persone. O sbaglio?”
L’uomo rise e si portò alle labbra un bicchiere di vino che si era servito dalla mia bottiglia, ovviamente senza prima chiederlo. Poi si pulì la lunga barba castana con il dorso della mano.
“Molti di noi Stregoni hanno fatto sogni che riguardano Casa Maravoy. Sogni confusi, ma probabilmente importanti. Si tratta di una famiglia che custodisce cose del passato, che oggi forse non hanno più molta importanza ma un tempo hanno cambiato il mondo. E però c’è anche dell’altro, che non riusciamo a vedere bene. Ci vuole qualcuno accanto a loro, qualcuno che provenga dalle parti nostre e che tenga gli occhi aperti. Tu devi proteggere quella Casata per conto nostro, Publio. Lo devi fare e lo farai, iniziando da ora. Poi ci faremo vivi noi, se qualcosa dovesse cambiare.”
Io ero ancora accanto alla porta, con la destra ancora sulla spada. Non mi sentivo comodo nella mia stessa stanza, non abbastanza da addentrarmici. Quello era un uomo pericoloso, probabilmente più pericoloso di me. E molto più infido.
Come non avevo osato trasgredire al suo consiglio di venire a Ertapietra, ugualmente ora non osavo sedermi vicino a lui. Era vero che dovevo cambiare aria e lasciare l’Altopiano a causa dei miei errori passati, però la meta del mio viaggio non l’avevo decisa io ma lui, loro. Avevo fatto dei sogni, a cui avevo cercato di non fare caso. Allora avevo ricevuto la prima visita dello Stregone. Consideravo gli Stregoni una vera e propria piaga per la mia terra, dei ciarlatani e degli approfittatori che sfruttavano la superstizione degli ignoranti. Ma, come tutti sull’Altopiano, ne avevo una paura fottuta.
Da giovane ero stato per un po’ l’apprendista di uno di loro, che mi aveva insegnato diversi trucchi e “incantesimi”. Dopo un po’ mi ero reso conto che quell’uomo mi stava rovinando la vita e sconvolgendo la mente, con le sue dannate illusioni. Così l’avevo mandato a quel paese ed ero andato a Novafortia a studiare scherma. Più tardi avevo scoperto che il mio Stregone aveva una fama dubbia perfino presso i suoi colleghi.
Invece si diceva che il mio interlocutore attuale fosse ben diverso: una persona degna, per quanto uno Stregone possa esserlo. Ne avevo sentito parlare tempo prima ma l’avevo visto una volta sola e da lontano, dalle mie parti: aveva curato un malato e se stava andando. Invece un maledetto giorno era venuto a trovare proprio me. Mi aveva ordinato senza mezzi termini di andare a rifugiarmi a Ertapietra, e di arrivare in città in tempo per il torneo. Avevo cercato di oppormi ma il suo sguardo fisso da rapace mi aveva messo seduto, e non avevo potuto fare altro che accettare. Tanto da qualche parte dovevo pur andare, quindi tanto valeva accontentarlo.
E adesso me lo vedevo sbucare in casa dal nulla ed ero ancora una volta ai suoi ordini. Dannazione. Di nuovo, come da giovane, non mi sentivo padrone della mia vita.
“Nessuno è padrone della sua vita.” disse lui con tranquillità, come se fosse normale leggere nella testa della gente. Al mio sguardo sorpreso alzò un sopracciglio e disse:
“Non è difficile immaginare cosa pensi, Publio Marsi. Sei prevedibile, quando non tiri di spada.”
Sospirai.
“Allora, cosa vuoi che faccia per te adesso?”
“Per me niente. Fai qualcosa per te stesso, e per Malia. Fai quello che tu stesso già stavi per fare. Entra al servizio di Casa Maravoy. Sii il loro spirito guardiano. E veglia su di loro. C’è un oscuro pericolo che incombe sul futuro di quella famiglia, cose che devono e cose che non devono accadere.”
Maledetto. Come faceva a sapere sempre tutto, quello?
“Io sto per entrare al servizio di Casa Naute-riu, se gli Dei lo vorranno. Sono Baroni vassalli dei Maravoy, non è la famiglia del Conte.”
“Allora devi metterti in mostra un po’ di più.” mi disse lo Stregone sfoderando il suo più bel sorriso.