Ancora una volta vi parlo di Arturo Pérez Reverte e di Dumas, e non è un caso. Diversamente dai romanzi con protagonista il Capitan Alatriste, bravaccio e soldato del Tercio Viejo de Cartagena nel XVII secolo, abbiamo qui una storia ambientata nel mondo contemporaneo. Lucas Corso, il protagonista, è un mercenario professionista della bibliofilia, ad alto livello: cerca per conto di ricchi collezionisti opere rare e preziose, edizioni a stampa introvabili come manoscritti unici. Come si dice nel romanzo (ed è vero) i volumi più preziosi sono di solito quelli esoterici, e dopo di questi quelli di scherma (molti dei quali vengono citati nel testo, indicando le ricerche fatte in materia dall’autore): i primi perché venivano spesso requisiti o bruciati dalle autorità religiose, i secondi soprattutto per le numerose illustrazioni, di solito xilografie, di cui sono dotati per meglio illustrare le azioni tecniche insegnate. A questo punto chi mi conosce sa quanto il sottoscritto, abituato a cercare e studiare antichi libri di scherma per ogni dove, anche solo per questo si possa essere già immedesimato e immerso nella storia. Lucas Corso, appassionato di wargames e ossessionato dalla battaglia di Waterloo, si trova da una parte davanti al misterioso suicidio di un collezionista che era in possesso di un capitolo aggiuntivo, scritto a mano da Dumas, de “I tre moschettieri” e aveva incaricato un collega di venderlo. Al tempo stesso viene incaricato da un altro cliente di reperire tutte le tre copie esistenti di un diabolico testo di occultismo “Le nove porte del regno delle ombre”. Le due vicende si intrecciano in modo oscuro, e Corso deve affrontare una specie di persecuzione, con avventure simili in modo inquietante a quelle del giovane D’Artagnan, compreso l’apparire di una “Milady” e un “Rocheforte”. Mentre indaga fra omicidi e insidie a Toledo, Lisbona, Parigi e Meung sui misteri del manoscritto di Dumas e del testo di occultismo, che pare sia stato scritto dal demonio stesso, conosce l’affascinante e giovanissima Irene Adler (il nome è quello della criminale che fece innamorare Sherlock Holmes) che definisce se stessa “un angelo caduto”. Senza svelare altro, consiglio senz’altro la lettura del romanzo, appassionante e pieno di amore per la letteratura in ogni suo aspetto, un gioco colto e sofisticato di rimandi continui fra i “topoi” della letteratura d’avventure classica e contemporanea.
Il film tratto dal libro per la regia di Roman Polansky, con protagonista Jhonny Depp, è godibile come intrattenimento ma non riesce a conservare nulla della raffinatezza del libro, rinunciando all’importantissima parte che riguarda Dumas e parlando solo della ricerca del testo esoterico. Quindi i delitti degli ignoti persecutori di Corso si declassano da inquietanti e misteriose citazioni letterarie alle solite azioni malvagie del solito gruppo di antagonisti del protagonista che svolge ricerche pericolose.
D’altra parte non si sfugge alla regola che ognuno ha il diavolo che si merita.