LE CRONACHE DEI PRETORIANI NERI
“Dopo la vittoria di Teutoburgo l’espansione dell’Impero non ebbe più limiti: con Germanico e gli Imperatori successivi il “limes” raggiunse gradualmente i monti Urali. Usammo poi i cavalieri germani per conquistare il regno dei Parti e ci spingemmo fino all’Arabia Felix e a Sud dell’Egitto. La guerra più dura che dovemmo affrontare tuttavia venne dall’interno: ai tempi dell’Insurrezione le Tenebre si sollevarono e reclamarono il dominio del mondo. I figli delle Tenebre non prevalsero, ma il prezzo da pagare fu alto. Oggi l’Impero si estende dall’India all’Hibernia, dagli altopiani d’Etiopia fino ai fiordi dell’Ultima Thule, però oltre i confini della sacra Italia il potere dell’Imperatore è limitato. A Lui restano poche armi per influenzare i Re che governano in suo nome: il denaro delle decime, le parole alate del Culto Imperiale, le coorti dei Pretoriani Aurei pronte a soccorrere i Regni minacciati. E noi, i Pretoriani Neri. Noi siamo l’Inquisizione, la mano sinistra dell’Imperatore, la lama nascosta degli Dei, la sentinella all’erta nel buio. Siamo i guardiani dei cancelli degli Inferi.”
Aurelius, XI Console Nero.
1. Il racconto di Lucrezio: Mathos il cacciatore
Contrariamente al mio solito, vi narrerò oggi non eventi che ho vissuto e a cui ho assistito in prima persona, ma le avventure riferite da un amico. Non amo raccontare storie sentite in giro, e questa sarà forse la prima e l’ultima volta che lo faccio. Infatti, gli avvenimenti che vedono coinvolta l’Inquisizione Imperiale già di per sè sono così spaventosi e bizzarri che non è facile crederci e, se si tratta di cose non vissute sulla propria pelle da chi le espone, la loro verosimiglianza è messa ad ancor più dura prova e possono sembrare quasi ridicole e del tutto prive di fondamento, come fole messe in giro da buontemponi. E però conosco Mathos da una vita e so che, oltre a essere un Pretoriano Nero intrepido e affidabile, è del tutto privo di fantasia. Quindi sono portato a credere alla sua versione dei fatti, che d’altro canto ho potuto verificare dalle testimonianze dei suoi contubernali e anche da una fonte indipendente che più tardi riprodurrò per intero, alla fine del racconto.
Ho conosciuto Mathos quando entrambi militavamo nei Pretoriani Aurei al fianco delle truppe dell’Etiopia contro le tribù situate più a sud, dedite alla più oscura stregoneria: io ero un Tribuno militare di classe equestre e lui un Centurione in un’altra Coorte.
Non vi dico la mia sorpresa quando ci ritrovammo, di nuovo fratelli d’arme ma questa nella Mano Sinistra dell’Imperatore, in una domus occulta dell’Inquisizione non lontano da Londinium.
Mathos, dovete sapere, è un abile cacciatore Numida, ma di quella parte della Numidia che confina col deserto più desolato e sterminato, laddove ben poche carovane si avventurano e il calore pare non tollerare che nessuna pianta o animale possa vivere. Mathos, nato da una feroce cacciatrice di quei luoghi e da un soldato Numida inviato a presidiare una fortezza ai margini del deserto, è cresciuto fin da piccolo passando lunghi periodi da solo nelle zone più aspre, e abbattendo ogni sorta di animali selvaggi come un gladiatore “venator” dell’arena. Taciturno e normalmente serio e sempre all’erta, quando – raramente – si sente davvero al sicuro insieme a vecchi compagni come me si lascia andare a sonore risate e grandi bevute. Fisicamente è un uomo alto, forte, dalla pelle molto scura e spessa come il cuoio, non del tutto nera come quella degli Etiopi ma quasi, con una gran barba corvina e denti bianchissimi, o forse così pare per il contrasto che fanno con il suo colore tanto bronzeo. Il suo grande arco composito e la sua lancia raramente falliscono il bersaglio, che sia in mischia o da lontano, ed è maestro nel trovare tracce e piste, camuffarsi nella natura e muoversi non visto. Un’altra cosa su cui è bene che vi avverta è che Mathos, contravvenendo allo spirito dell’Impero, non ritiene che gli uomini siano tutti uguali e ugualmente degni di rispetto, a tutte le latitudini. Considera invece quelli nati attorno al Mare Nostrum, come me e lui, superiori in modo innato a coloro che discendono dai popoli un tempo barbari dell’Europa settentrionale. Egli li ritiene civilizzati solo in superficie e non affidabili e, insomma, inferiori. Non mi dilungherò qui a raccontarvi degli sguardi di fuoco che si scambiarono lui e il mio buon amico Geata Suenus durante tutto il tempo in cui dovemmo stazionare insieme in quella “domus occulta”, impossibilitati a uscire e costretti in uno spazio così ridotto. Nonostante mi abbia fatto molto piacere rivedere il mio vecchio compagno d’armi, infatti, fu un sollievo quando il resto del suo contubernium arrivò a prenderlo, e partirono tutti quanti per la Gallia mentre noi dal canto nostro ci preparavamo a viaggiare verso ovest. Per cui, quello che leggerete di ingiurioso sui popoli nordici viene dalle sue labbra e non dal mio stilo, se non perché con questo scritto do conto del suo racconto tal quale lo ricordo, improperi compresi. Insomma, relata refero, non è colpa mia se Mathos ce l’ha coi Germani: se non vi sta bene vedetevela con lui e non con me, che non condivido affatto le sue idee e non c’entro nulla.
Comunque, quella prima sera in cui ci rivedemmo ci versammo del vino e ci mettemmo a parlare dei vecchi tempi, e anche delle più recenti missioni dell’uno e dell’altro. Nessuno dei due raccontò come era arrivato al punto di dedicare la propria intera esistenza alla grande caccia dell’Impero contro i Figli delle Tenebre, rinunciando ad avere una vita propria. Si tratta di eventi di solito molto personali, e che nessun Pretoriano Nero prova piacere a rivangare.
Mathos mi raccontò, invece, ciò che ho deciso di lasciare nero su bianco su questo rotolo di papiro, che riporrò in un luogo sicuro insieme a quelli che contengono le mie proprie imprese durante questa guerra contro il Male sempre in agguato, che pare non aver mai fine.