Questa volta non vi presento un libro. Ho appena finito di vedere questa serie TV “steam punk”, e voglio dirvi che mi sono proprio divertito a guardarla. Prima di tutto l’ambientazione: siamo in un mondo dalla tecnologia ottocentesca dove vivono anche diverse stirpi non umane: il popolo Fatato (simile alla razza umana ma dotato di fragili ali da insetto), i possenti Fauni (o Pucks), i piccoli Coboldi, Troll ecc. Due potenze umane si sono affrontate di recente per la conquista dell’antica ma più debole e arretrata terra delle Fate Tirnanoc. Il nome di Tirnanoc fa chiaramente riferimento alla celtica Tir Nan Og, la terra dell’eterna giovinezza. La guerra è stata vinta dal feroce impero del Patto, che ha scacciato da Tirnanoc le forze del Burgue (una repubblica vittoriana situata più o meno nella posizione di New York). Il Burgue, tutt’altro che nobile e disinteressato ma comunque meno crudele del Patto, ha abbandonato Tirnanoc al suo destino e accoglie di malavoglia i profughi che da lì riescono a fuggire e raggiungere le sue sponde, e si raccolgono attorno all’ambigua Carnival Row che dà il titolo alla serie. Ci sono due partiti che si contendono il potere: la maggioranza che tenta una difficile convivenza con i popoli non umani, pur guardandoli dall’alto in basso, e l’opposizione che invece li vede solo come una minaccia. Il protagonista Philostrate, interpretato da Orlando Bloom, è stato in guerra a Tirnanoc e ha vissuto in quel periodo un’intensa storia d’amore con una fata, Vignette (Cara Delevingne). Ora Philo è diventato uno stimato ispettore della polizia del Burgue. La sua vita sarà sconvolta da una serie di strani omicidi su cui aleggia un’aura di paura soprannaturale, e dall’arrivo in città della sua amata di un tempo che lo crede morto in battaglia. Passando alla trama, su cui non rivelerò nulla di più di quanto già detto, posso dire che è complessa e articolata, ben studiata. La suspense non manca, né è facile indovinare quale complotto e quale colpevole si celi sotto gli omicidi su cui il nostro eroe deve indagare. Il messaggio antirazzista è abbastanza scontato, ma viene presentato in modo tutto sommato garbato ed elegante. Le razze fatate peraltro sono ben tratteggiate: i Fauni forti ma un po’ inquietanti e a volte rozzi (non tutti, però!) e soprattutto le Fate: esili e con delicatissime ma potenti ali (che diventano azzurre e luminose in momenti “speciali”), sofisticate ma feroci quando serve, e aliene quanto ci si deve aspettare da una cultura più antica e profonda della nostra, sebbene meno “efficiente” in termini militari e industriali. Ben fatto, decisamente: ti fa rimpiangere che queste razze sorelle della nostra non esistano davvero! La stagione si conclude con lo svelamento del mistero e la soluzione del plot principale, ma con un “cliffhanger” che ci lascia in attesa speranzosa del seguito, peraltro già in lavorazione. Non vi nascondo che mi è perfino venuta voglia di scrivere qualcosa di steam punk, ma resisterò: per ora ho anche troppa carne al fuoco. Riassumendo: ora che dovete restare in casa, quando sarete stanchi di leggere un buon romanzo potete ben guardarvi questa serie. Non ho dubbi che saprà farvi evadere verso una realtà avventurosa e affascinante.
E’ ufficiale: saremo con “Per la Corona d’Acciaio” alla manifestazione “Strani Mondi”, che si tiene il 6 e 7 ottobre a Milano!
Non capita tutti i giorni di essere presentati in una kermesse dove puoi trovare Licia Troisi, Bruno Bozzetto, grossi calibri della Bonelli e tanti altri bei nomi del fantastico (fantasy, fantascienza, horror ecc.), italiani e anche stranieri…
Qui trovate il link all’evento:
Occhio, l’immagine sopra è la (bella) locandina dell’edizione scorsa, se volete vedere e sapere tutto sull’edizione 2018 cliccate sul link!
Ringraziamo la nostra casa editrice Watson, in persona di Alfonso Zarbo e Ivan Alemanno per la ghiotta occasione.
Sarà presente a Strani Mondi anche l’editore dei nostri libri di scherma (non solo i miei, anche quelli di altri amici della Sala d’Arme Achille Marozzo), Il Cerchio:
Il sottoscritto quindi avrà l’onore e l’onere di introdurre agli intervenuti, nel corso dell’evento in tempi e loghi da stabilire, non solo il romanzo, ma anche l’ultimo libro di scherma storica: “L’arte perduta di combattere con lo scudo – secondo la scuola italiana“.
A proposito, parlando di fantasy e di combattimento con spada e scudo, non posso evitare di sottolineare quanto tale arte sia in effetti perduta. Infatti se capita ormai abbastanza spesso di vedere in film e serie fantasy o storiche combattimenti con la spada a una o a due mani più che dignitosi, ancora non si vedono sullo schermo scontri decenti quando entra in campo uno scudo. La “tecnica numero zero” dello schermitore con lo scudo è colpire la mano dell’avversario appena questa esce dallo scudo e diventa visibile (e di conseguenza ciò è assolutamente da evitare, pena la perdita del braccio destro). Però non ho ancora visto nessun duellante cinematografico o televisivo che avesse questa accortezza di base nel colpire: tutti portano avanti il braccio armato come se fosse invulnerabile. Quando poi non tengono addirittura lo scudo dietro al “bersaglio grosso” del petto invece che davanti!
Ma per ora bando al puntiglio da tecnico: apprestiamoci a goderci questa scorpacciata di letteratura fantastica, fantastiche illustrazioni ecc. ecc. in quel di “Longobardìa” (come scriverebbe il Maestro Achille Marozzo).
E chissà che in quell’occasione non ci sia qualche sorpresa…
Abbiamo appena caricato sul canale YouTube “Per la Corona d’Acciaio” il video realizzato durante la messa in scena del combattimento a mani nude fra due dei personaggi principali del romanzo: Vindice Maravoy e Campione di Cinquecolli. Una rissa, quindi, ma fra esperti di arti marziali sia all’arma bianca che appunto a mani nude (più il secondo combattente che il primo, va detto).
E abbiamo avuto appunto dei veri esperti di arti marziali a disposizione per inscenare questo episodio: gli atleti dell’Aquila Iovis Gymnasium. Infatti non ho avuto bisogno di leggere altro che l’incipit e la conclusione della scena, perché tutto il combattimento è stato eseguito “dal vivo” dagli amici Filippo Cinarelli e Matteo Chiani, con grande precisione e professionalità.
Il sottoscritto ha avuto l’onore di incrociare parecchie volte gli “hymantes” (guanti da pugilato dell’antica Grecia, in cuoio e con ben poca imbottitura) con il M. Cinarelli. Pertanto conoscevo bene il suo valore tecnico e la sua passione per le arti di combattimento del mondo antico. Non ci poteva essere di meglio per dare vita sul palco al pancrazio che si insegna a Malia.
Pancrazio è il nome dell’antica arte presente perfino alle Olimpiadi (quelle vere) che univa alla lotta il pugilato nella sua forma detta pyx-lax (ovvero pugni e calci, una sorta di kick-boxing del periodo). Tale arte di “combattimento totale”, non troppo dissimile dalle moderne MMA era quella che un greco o un romano avrebbe utilizzato dovendo combattere senza regole in una rissa da taverna. Pancrazio, lotta e pugilato (un pugilato però ben diverso da quello attuale, e ben più duro) non sopravvissero alla caduta dell’Impero Romano… nel nostro mondo.
Invece nel mondo di Malia, e nel Regno di Malia in particolare, sì. Ed ecco quindi che due esperti guerrieri usano le guardie e le tecniche del pancrazio per prendersi a pugni fuori da una taverna…
Video: https://www.youtube.com/edit?o=U&video_id=VczP55bd3DI
Il nostro editore ha realizzato un sondaggio su FB sulla copertina di “Per la Corona d’Acciaio”!
“Quella che stiamo realizzando è la copertina per un incredibile romanzo fantasy storico!
Aiutateci a scegliere la versione definitiva che renderemo ricca di particolari e fenomenale come le altre!
Vi chiediamo, se possibile, di motivare la scelta nel commento.
– UN NUOVO FENOMENO DEL GRANDE FANTASY STORICO
– SCRITTO DA UNO DEI MASSIMI RIEVOCATORI STORICI NEL PANORAMA INTERNAZIONALE.
– COME BERNARD CORNWELL MA TUTTO ITALIANO.”
Beh, il sottoscritto quasi imbarazzato ringrazia per i complimenti… devo dire che tutti i commenti di chi ha già letto “Per la Corona d’Acciaio” mi incoraggiano ad andare avanti!
Questi i risultati del sondaggio:
29% 71%
Innanzitutto devo fare i miei, di complimenti, all’artista Vincenzo Pratticò: in entrambi i casi (come anche per altri bozzetti che mi sono stati mostrati) il lavoro è eccellente, veramente di altissima qualità, e non potrei desiderare di meglio per la copertina della mia creatura amatissima. Entrambe le proposte catturano elementi importanti del romanzo.
Devo poi dire che in linea di massima concordo con la scelta dei lettori, i cui commenti sono stati acuti e perspicaci.
Il primo disegno sottolinea gli aspetti epici, marziali e cavallereschi della storia, e dà risalto al paesaggio, ovvero alla nazione di Malia devastata dalle guerre civili. Il tenebroso destriero di Vindice Maravoy appare bardato per la battaglia, non meno corrrusco d’armi del suo padrone umano, ed entrambi procedono sotto un cielo drammatico che però è percorso da una linea di luce, forse quella dell’alba. Forse, una luce di speranza in mezzo a tante devastazioni.
Il secondo si sofferma di più sulla personalità del protagonista che afferra, pensieroso, la Corona d’Acciaio sotto una pioggia battente. In questa versione l’ombra occulta in parte il suo viso, rendendo meno netta la sua identità. Nella prima idea che ha dato vita a questa immagine il viso non doveva vedersi affatto, lasciando il dubbio su chi potesse prendere la Corona. Ma vedendo ora il risultato, mi pare che possiamo anche rivelare le fattezze del protagonista. Questo, si badi bene, non significa necessariamente che egli diventi il Re di Malia, né che afferrando la Corona la prenda per sé. Potrebbe essere, ma le cose potrebbero anche andare diversamente: tutto sommato tutti (o quasi) bramano questo simbolo del potere regale. Molti lettori hanno intuito nell’immagine un protagonista tormentato, con un passato difficile e dubbi che lo affliggono. Altri hanno notato invece in lui una marziale risolutezza. Hanno ragione entrambi i gruppi. Molti hanno anche notato l’impatto emotivo di questa immagine, l’empatia immediata che si crea con il soggetto dell’illustrazione, un aspetto che ha colpito anche me. Prende forma come un’aspettativa di conoscere i pensieri del cavaliere, gli eventi che lo hanno portato fino a lì e quelli che seguiranno, come anche quali pensieri partorirà la sua mente e a quali eventi e comportamenti essi porteranno. Ma vi prego di notare anche lo scenario di distruzione in basso e la pioggia che cade intensa su di esso. Sarà questa pioggia un pianto senza fine o laverà invece via il sangue e spegnerà il fuoco? E, infine, last but not least, la Corona. Su cui il cavaliere sembra chinarsi per riflettere. Come anche il lettore si troverà a riflettere, insieme a me, sul potere: sugli obblighi, le tentazioni e le possibilità che comporta, e sul tragico meccanismo per cui a ogni decisione corrispondono – inevitabilmente – delle conseguenze.
Al momento di iniziare a scrivere la saga di Malia mi era chiaro che la lingua della “penisola più o meno a forma di stivale” sarebbe stato l’italiano. Quindi prima di tutto il Maliano, ovvero l’italiano. Ma quale italiano? Una lingua arcaica e ricercata o che scimmiottasse l’italiano fra Quattrocento e Cinquecento poteva anche essere nelle mie corde, ma non poteva essere adatto. In fondo la mia chimera fin dall’inizio era il tentativo di dare al nostro paese una moderna epica fantastica. Moderna quindi. Ma epica. Perciò non andava bene né una lingua artificiosamente troppo antica e “alta” (che fra l’altro avrebbe allontanato molti – troppi – lettori), né uno “slang” eccessivamente giovanile, popolaresco, sgrammaticato, o ancora peggio colmo di parolacce gratuite. Tanto più che molti personaggi sono nobili, gentiluomini, alti funzionari o grandi mercanti. Ho optato quindi per un italiano piuttosto standard, ma senza privarmi del tutto di qualche sporadico eccesso lirico. Solo ogni tanto, con misura, come saggezza impone anche nella dieta. Naturalmente i nobili usano un linguaggio mediamente più alto mentre i personaggi appartenenti al popolo non sono esattamente al loro livello e ogni tanto imprecano in modo un po’ più escatologico (ma in situazione critica una qualche nefandezza verbale può scappare anche ai più eroici cavalieri… siamo tutti umani in fin dei conti.). I Maliani però – come diceva un nostro comico – sotto qualche aspetto possono anche non essere considerati “civili”, almeno in termini moderni, ma di sicuro sono un popolo “educato”, e quasi ognuno di loro ha avuto una mamma pronta a mollargli uno sculaccione alla bisogna. Pertanto, solitamente anche i popolani si sforzano di parlare il più possibile “da persone per bene” ed evitano un uso eccessivo di “brutte parole”. E, si noterà, questo vale più per i contadini che per la gente di città di bassa classe sociale.
Ancora peggio dei peggiori bravacci in questo campo, e la fonte della maggior parte dei termini inappropriati a una civile conversazione nel romanzo, è l’assassina Luce Selenides, la quale non si fa scrupolo di usare le parolacce più pepate e di scandalizzare le mamme altrui, non avendo più la propria e avendola anzi odiata cordialmente. In un mondo in cui ciò in linea di massima “non si fa”, questa giovane criminale ci tiene a contraddire le regole anche in campo verbale e a urtare le orecchie degli altri nonché le proprie, o per meglio dire quelle dell’altra Luce che è in lei, la nobildonna.
Non mi dilungherò oltre sulla lingua italiana, e veniamo invece alle altre lingue.
Sabato 25/08/2018 alle ore 18.15 al Raduno tolkieniano presso il San Marino Comics si è tenuta una “pre-presentazione” in anteprima del romanzo “Per la Corona d’Acciaio” non ancora pubblicato (l’uscita è prevista nel corso del prossimo paio di mesi per Watson editore). La presentazione al Teatro Titano è stata trasmessa in diretta su “Radio Brea”.
Oltre alle chiacchiere del sottoscritto sulla saga di Malia e sulla letteratura in generale, e alla lettura di alcuni brevi brani da “La Corona d’Acciaio”, abbiamo avuto il piacere di mostrare al pubblico in diretta un duello e una rissa tratti dal romanzo, oltre a una breve sessione di allenamento di sparring libero con spada e pugnale (come nel libro fanno due dei personaggi). I brani letti sono stati: La carica di Lyonel Maravoy a Mykenes, Il ritorno di Luce a “casa” e Vindice si muove di notte.
Ringrazio vivamente per questa possibilità gli amici schermitori Lorenzo Rocca, Giada Rinaldini e Teresa Consalici della Sala d’Arme Achille Marozzo (sale di Cesena e San Marino) per i duelli, tutti gli altri “marozziani” interventuti all’evento, e anche, “last but not least” i valenti pugili dell’Aquila Iovis Gymnasium di Novafeltria Filippo Cinarelli e Matteo Chiani.
Ringrazio inoltre Adolfo Morganti, tutti gli amici della casa editrice Il Cerchio (per la quale è appena uscito anche il mio ultimo libro di scherma storica “L’arte perduta di combattere con lo scudo secondo la scuola italiana”) e l’organizzazione dell’evento.
Metteremo un po’ alla volta qualche video della presentazione (video amatoriali, eh!) sul canale YouTube che abbiamo appena fatto, “Per la Corona d’Acciaio”, che potete trovare qui:
https://www.youtube.com/channel/UCdN_MS5XVOzbAy0C8N5FTrA
Qui di seguito invece potete trovare alcune foto dell’evento (come vedete ho anche avuto il piacere di condividere il palco con il bravo scassinatore Bilbo Baggins… un vero onore!),
«Ogni attività del mercato era sospesa. Congelata. Come l’acqua di una cascata in inverno.
Vindice strinse le briglie e fissò il suo popolo a testa alta, con un sorriso. Lo attorniavano in cerchio, ammirati e increduli. Un bambino interruppe quel silenzio acutissimo scoppiando a piangere, in qualche punto di quel mare umano, ma fu subito zittito. Allora Vindice fece avanzare Violante, lentamente, e la ressa si aprì per cedergli il passo.
Come in un sogno, la marea di facce arretrò e lui poté farsi largo tra la folla su una linea retta, così perfetta da immaginare quasi di poter arrivare fino al palazzo.
Fino al trono.
Ma quante spie dei Cinquecolli erano mescolate tra le due ali di folla? E cosa aspettavano? Forse non avevano ricevuto ordini al riguardo e non sapevano che cosa fare. O forse una mano insospettabile stava già correndo a un pugnale o a una balestra.
Una mano tra diecimila e la morte gli sarebbe entrata fra le costole.»
Vindice Maravoy è destinato a diventare un fiero Conte del regno di Gallesse. È destinato a ereditare il segreto millenario custodito dalla sua casata sotto le mura di Castelbrun. Non avrà proprio un bel niente. I Maravoy hanno tentato di ribellarsi all’impero Dosthan e hanno fallito, perdendo tutto: non hanno più terre, non hanno più un titolo. Ora Vindice è in esilio a Malia, e milita come mercenario nella compagnia del padre.
Vindice ama Malia, una terra antica e bellissima, erede della più grande civiltà che il mondo abbia conosciuto, ma la penisola è dilaniata da guerre intestine, oppressa da una monarchia debole e corrotta. Una nuova invasione da parte dello stesso impero che gli ha portato via tutto incombe dal Nord. Il crollo di Malia sembra inevitabile. Ma Vindice è pronto a tutto per evitare che la sua patria d’adozione venga conquistata. Perfino a mettere da parte i valori che gli sono stati insegnati.
«Tra pochi minuti tutta l’ambizione e tutto il potere del Regno sarebbero stati lì, in quelle sale.
E quello era il posto di Vindice, il posto dove agire, il momento per trasformare in realtà tutti i suoi sogni e i suoi incubi. Ora non si trattava più di pianificare in camere buie e senz’aria o in militaresche tende da campo, di esaminare e inventare strategie.
Quella era la realtà, la stanza del tesoro, il covo del serpente. E ciò che accadeva in quel mondo vacuo e colorato era la più vera delle verità.
Uno sguardo, un movimento, un impulso di desiderio o di antipatia: la causa.
Guerra, pace, accordi, omicidi: l’effetto.
Facili ascese e facili cadute.
Gloria, potere, denaro, veleno.
Un brivido di eccitazione e di conquista gli serrò le viscere. La sera calava dolcemente, incurante, e miriadi di luci si accendevano nei saloni scintillanti. La carrozza superò i cancelli della reggia e le guardie sgargianti.»