Capitano mercenario, figlio ed Erede di Lyonel Maravoy di Castelbrun, una Contea del Sud di Gallesse, e di Demetra di Mykenes una principessa Isolana. Il suo vero nome è Vengeator, però a Malia tutti lo conoscono come Vindice. Aveva 8 anni all’epoca della congiura di suo nonno Vengeator, oggi, nel 3059 dalla Fondazione di Fortia-che-fu, ha 21 anni. Altezza media, castano, capelli corti, occhi scuri, è inseparabile dal suo grande destriero corvino Violante.
Ad Alesia, capitale del Regno di Malia, Vindice Maravoy frequenta da qualche mese la mercantessa Aurora di Nocchiero e può contare su diversi amici: il capitano Fabrizio Del Ferro, mercenario per diletto, il fratello adottivo di costui, il giovane mercante Ettore del Nero, e ancora il ricco ma famigerato prosseneta della Corte Rinaldo Tagliaferro. Su consiglio di Rinaldo inoltre ha fatto assoldare come Maestro d’Armi nella Compagnia Maravoy Astolfo Salinari, il suo assassino di fiducia.
Vindice è il protagonista del romanzo “Per la Corona d’Acciaio”, che segue le sue vicende dal 2 ottobre 2059 dalla Fondazione di Fortia-che-fu fino al 20 luglio 3060. Privato del titolo, della patria e del Feudo all’età di otto anni, testimone fin dalla più tenera età del tempestoso crollo della sua Casata e ridotto allo stato di cavaliere mercenario nella compagnia di ventura fondata dal padre (ormai rimasto privo di alternative), si è adattato al suo destino. Ma non si è rassegnato a esso, non del tutto.
Vindice è un personaggio complesso che da molti anni mi tormenta, tanto “eroe” quanto per certi aspetti “anti-eroe”: spietato e idealista, dotato di una risoluzione non comune e al tempo stesso amletico, cinico e abile nel leggere e sfruttare le menti altrui ma con un fondo di generosità che a volte lo rende perfino ingenuo. Ha molti padri, che vanno da Machiavelli a Nietzsche, da Artù (ma anche un po’ Merlino) a Max Weber, da Aristotele a Napoleone. E’ anche un po’ figlio mio, naturalmente, ma non sono io. Io non sono nè altruista nè crudele quanto lui.
Araldica di Casa Maravoy di Castelbrun, di Lara Gramigni
“Il bambino aveva tratti non dissimili da quelli di Lyonel ma più dolci e regolari, i capelli castani come Demetra e gli occhi scuri e profondi dei Maravoy. … La sua espressione non rivelava nulla. I suoi occhi erano rivolti lontano, lo sguardo era duro e deciso. Troppo pesante, e affilato, per essere lo sguardo di un bambino.”
“Vindice appoggiò a terra la “spada nera” non affilata da addestramento con cui si stava allenando, si tolse l’elmo in cuoio bollito imbottito internamente che gli riparava la testa, si slacciò lo scudo dal braccio e si lasciò cadere seduto su di uno sgabello, ansimante. I suoi corti capelli castani erano fradici di sudore, lo stesso che gli colava dalla fronte e gli faceva bruciare gli occhi.”
“L’incubo di Vindice”, Illustrazione di Andrea Camaggi
Un nuovo video sul Canale Youtube: la rissa fra Vindice e Campione
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