I RACCONTI DI MALIA
Ai piedi dell’Altopiano Centrale, il Feudo di Campofiorito si estendeva davanti ai loro occhi cosparso di querceti, castagneti e di macchie di agrifoglio e rosaspina, con piccoli borghi turriti e antichi manieri che sorgevano in cima ai poggi. Branchi di cavalli correvano liberi su vasti prati e nugoli di lepri correvano a nascondersi nei roveti di more che serpeggiavano a fondovalle, all’approssimarsi della carovana di muli del mercante Piero Briganti.
“Qui presto imperverserà la guerra: al di là di quei colli si trova il passo verso le Colline Occidentali. Non credo che i Duchi e le Città trovino un accordo con il Re: entrambi i bandi sono costretti dalle circostanze a dimostrarsi forti e inflessibili. Ci conviene muoverci in fretta.”
Nessuno, né Piero Briganti né il Griso, il bravaccio che comandava le guardie, trovò alcunché da obiettare o da aggiungere alle parole di Alberto, l’anziano capo dei mulattieri.
Come a rimarcare le loro preoccupazioni poterono avvistare di frequente, da lungi, gruppi di esploratori a cavallo. Molti portavano armature sulle quali il sole si rifletteva da lontano. Era cavalleria pesante, quindi, forse addirittura nobili.
Procedettero perciò di buon passo diretti verso la cittadella Ducale, senza perdere nella locanda che trovarono sulla strada più tempo di quello strettamente necessario a cenare e trascorrervi la notte.
Durante la mattinata del secondo giorno la via smise di snodarsi fra colli sempre più bassi e prima di mezzogiorno divenne una strada dritta in un paesaggio piatto, fra campi coltivai e pascoli. Lì i villaggi erano più grandi e fitti, cinti da mura di mattoni. Il sole aveva preso ad abbassarsi e tingersi del color delle arance quando, da una leggera foschia che si era alzata dalla terra, si riuscì a intravedere la cittadella. Un’alta muraglia di mattoni rossicci racchiudeva un grosso borgo. Svettavano oltre l’altezza delle mura svariate case-torri di importanti Baroni, e su tutto si alzava il bianco castello del Duca.
“E’ tutto fatto di pietra bianca portata dalle colline.” spiegò Piero “La Casa Ducale non si poteva abbassare a costruire usando i mattoni come tutti gli altri. Il denaro non gli è mai mancato, ai Duchi, e così hanno fatto questa follia. E’ stato ai tempi del nonno di Invitto, il Feudatario attuale.”
“Invitto di nome e di fatto!” esclamò il Griso, tutto gongolante.
All’occhiata interrogativa di Mario il mulattiere Alberto spiegò: “Il Duca è uno dei migliori giostratori del Regno, e ha vinto parecchi tornei. Però non è vero che non sia mai stato sconfitto: qualche volta anche lui si è trovato col culo per terra.”
“Bah, molto raramente.” interloquì il Griso.
“Poche volte.” concesse Alberto.
Piero non partecipava più alla conversazione. I suoi occhi, bramosi e preoccupati al tempo stesso, erano fissi sulla cittadella dove doveva smerciare le sue mercanzie. Era teso come un segugio nel momento cruciale della caccia.
Alle porte furono fermati dalla guardie.